ali per volare avendo dimenticato come fare, ali troppo corte per chi vola già alto, ali certe volte poco usate ma sempre Ali e tu pollo niente potrai senza loro nulla vale.

mercoledì 8 giugno 2016

Qualcosa ti disturba?

Il sudore le imperlava la fronte, aveva iniziato a sudare almeno mezz'ora fa anche se in quel momento si allenava già da un'altra mezz'ora.
Aveva iniziato sciogliendo i muscoli, movimenti leggeri, posizioni ed esercizi che li avrebbero distesi e resi pronti a quello che sarebbe venuto dopo. Poi eseguì alcune posizioni dell'arte da combattimento che aveva appreso da bambina. Quando si metteva in posizione di difesa era elegante e orgogliosa, quando compiva il movimento difensivo che la portava verso un ipotetico attacco laterale era fluida,  la lunga coda bionda in cui raccoglieva i capelli per allenarsi si muoveva libera e fluida come lei, assecondava i movimenti e si muoveva in senso opposto come una sorta di contrappeso naturale e involontario.
Non aveva pubblico a guardarla ma non le serviva nemmeno, c'era stato un tempo in cui lo aveva avuto quando era bambina e stava imparando la tecnica allora in tanti ammiravano quanto era portata per questo genere di movimenti eseguiti con stile.
Arrivò il momento delle spade, delle katane ad essere precisi, ne usava due perché lo aveva visto fare da una delle sue eroine di fantasia infantile e aveva sempre pensato che due spade sono meglio di una, se combatti con un avversario che ha una spada una delle due potrà svolgere il ruolo di uno scudo parando gli attacchi e rimanendo comunque più leggera e letale con l'altra. Il ragionamento era diverso quando combattevi contro mazze chiodate o grosse asce ma in quei casi sarebbero stati molto più lenti e impacciati evitando il bisogno di parare con la spada.
Schivata laterale, passo indietro, affondo, girandola mortale a braccia allargate e chiusura in posizione difensiva, bassa sulle ginocchia, una katana di fronte a lei come fosse una barriera e quella di destra dietro, sollevata alta, pronta a disegnare un arco tagliente.
Sentiva le impugnature calde e umide da quanto le stringeva e si ricordò suo Padre che le diceva "Gli uomini sudano, le donne traspirano", una goccia di traspirazione cadde sul pavimento.
Lasciò cadere le armi sul pavimento, il rumore metallico quasi musicale delle lame erano come una campana di fine allenamento. Sì asciugò la fronte, prese alcuni respiri, poi cominciò di nuovo. Tra passi di rincorsa e poi una ruota,rondata, flic e salto mortale uno di seguito all'altro senza soluzione di continuità. Non era ancora in piedi stabile che le mani erano già arrivate alla cintura nella zona dei reni. Afferrò i due manici che sporgevano appena con la naturalezza con cui si aggiusta i capelli e due coltelli vennero lanciati un istante dopo sulla tavola di legno che aveva appeso al muro come bersaglio. Uno colpì duro e si infilò con la punta nel legno di almeno due dita nella posizione in cui poteva essere il cuore di quel profilo di persona che aveva disegnato svogliatamente solo per avere un avversario a cui pensare.
L'altro battè dove si poteva trovare l'occhio destro ma arrivò sbilanciato, se il bersaglio fosse stato di carne avrebbe comunque arrecato un bel danno ma su quel legno l'unico risultato fu un rumore sordo prima di cadere per terra.
Come un riflesso spontaneo una smorfia le increspò il profilo del naso e i suoi occhi si chiusero un poco.
Perché lo faceva ogni giorno? Quanto poteva diventare più brava o precisa? Se anche un giorno avesse fatto tutto perfettamente avrebbe potuto smetterla e sentirsi sicura o avrebbe avuto il dubbio che era solo un caso fare un errore o non farlo? Essere vivi o non esserlo? Quale differenza avrebbe fatto?
Erano passate quasi due ore quando decise di aver finito per quella giornata, si asciugò con un panno faccia, collo, braccia, ascelle. Prese due lunghi sorsi di acqua da una borraccia e si asciugò ancora
Ripose le armi da allenamento nel loro spazio a muro e sistemò quello che era fuori posto nella sua palestra.
Lo scantinato in cui si trovava aveva finestrelle piccole rettangolari poste su due lati contigui, in uno dei due lati più corti c'era la porta di entrata con le scale che conducevano all'esterno e sull altro per metà c'erano accatastate ogni genere di cose utili e inutili proprio come in una cantina qualunque, era come se avesse fatto scorte pensando di rimanere da sola per molti anni anche se per metà erano cianfrusaglie che aveva accatastato da quello che la cantina conteneva per farsi lo spazio per la sua palestra.

Quando uscì il sole stava scendendo verso l'orizzonte ma non era ancora basso, non si incominciava nemmeno a vedere i colori del tramonto.  Il silenzio e la desolazione che poteva vedere attorno a sè era interrotto da dei passi leggeri e un lieve ansimare.
Lei sorrise accarezzando la testa di un cane lupo, nero dal pelo liscio che le era venuto vicino non appena era uscita all'aria aperta. Un vecchio che conosceva diceva che era un pastore belga ma da quanto ne sapeva lei avrebbe dovuto avere il pelo più lungo per esserlo, probabilmente era un bastardo, ma quanti non lo erano nati o diventati in questo mondo?
Versò un po' d'acuqa in mano e lasciò che l'animale la leccasse via, ripetè l'operazione per tre volte poi chiuse la borraccia quasi vuota asciugandosi la mano sui pantaloni di una consunta divisa militare.
Il cane drizzò le orecchie e la testa, poi si girò a guardare verso la porta che dava sulle scale dello scantinato.
" Andiamo" disse senza aspettare risposta che invece arrivò, non un abbaio singolo di assenso ma un ringhio che diventò subito un latrato.
Lei si girò a guardare nella stessa direzione inarcando un sopracciglio "Cosa ti prende?"
Pensò che sarebbe dovuta scendere per assicurarsi che non ci fosse nessuno ma era appena salita da lì dopo più di due ore e non aveva sentito nessun rumore sospetto nemmeno quello dei topi.
"Lo sai che mi fido di te ma ho chiuso tutto e non c'era nessuno...vieni andiamo"  aveva fatto qualche passo e si era girata per vedere se l'avesse convinto.
Il cane la guardò con un'espressione che lei immaginò come sorpresa, forse voleva dirgli "Come non lo senti anche tu?" per un ultima volta mostrò il suo dissenso abbaiando poi chinò la testa ad annusare il terreno e le si mise al fianco sinistro.
Camminarono sulla strada polverosa che conduceva a sud, il sole proiettava le loro ombre lunghe sulla sinistra fondendole in uno strano centauro a 6 gambe.
Un'ora dopo era attorno al fuoco che aveva acceso, il suo cane era sdraiato sulla pancia, la testa era sollevata e la teneva d'occhio, le fauci producevano la salivazione dell'attesa consapevole di un pasto che sta per arrivare.  Lei girava del riso in un pentolino e gli sorrideva, l'aveva tolto dal fuoco per farlo raffreddare per lui più che per lei.
Ne versò un po'in una scodella di metallo che era poco più di una tazza da the quando il cane cominciò a saltellare felice e ad alzarsi sulle zampe posteriori mentre lei teneva in alto la tazza
"Questo è per me, stai giù"
Diede al cane la pentola che ne conteneva almeno il doppio di quello che si era riservata, lui si buttò sul cibo famelico come se avesse fretta. Mangiarono insieme attorno al fuoco ma prima che avessero finito il cane sollevò il muso dalla pentola e ringhiò.
"Cosa hai sentito? Qualcosa ti disturba?"
Parlò divertita fingendo indifferenza ma la sua mano destra aveva lasciato il cucchiaio e aveva già raggiunto il manico del pugnale infilato nello stivale.
L'animale riportò il muso nella pentola continuando quello che aveva interrotto.
La ragazza vide un lampo bianco e non sentì il cane quando iniziò ad abbaiare, non sentì nemmeno il rumore dello sparo,  il proiettile le passò dalla nuca alla fronte...se fosse stata viva non lo sarebbe più ma per sua fortuna questa non era la sua vita.